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La Yakuza è la feroce mafia giapponese che da secoli domina il Sol Levante.
Nel 1612 nascono delle bande “machi-yakko” con l’intento di contrastare lo strapotere dei samurai che in quegli anni seminano paura e morte. Tra queste bande, che godono i favori del popolo, si distinguono principalmente i Tekiya ed i Bakuto.
I Tekiya nascono dagli yashi, gruppi di venditori ambulanti, organizzati in modo da proteggere i propri interessi dalla dittatura dei signori in del Giappone, la famiglia Tokugawa. Con il tempo divennero truffatori ingannando la gente dei villaggi fino ad arrivare al taglieggiamento.
Proprio ad un gioco pratico ai tempi dei Bakuto, l’hanafuga, e più precisamente alla combinazione perdente di tre carte 8-9-3 : ya-ku-sa, si deve il nome che oggi viene usato per identificare la mafia giapponese. Inoltre a questa banda risale la tradizione del dito mozzato, come gesto riparatore, e dei tatuaggi su tutto il corpo, segno di appartenenza alla ikka o gumi, la famiglia mafiosa.
Si unisce agli ultranazionalisti e partecipa a quella campagna di terrore, denominata “governo per omicidio” e costellata da una lunga catena di assassini di personaggi politici. Tollerata anche dagli americani durante la loro occupazione nella seconda guerra mondiale, la Yakuza acquista la forza necessaria per espandersi. Aumentò dal 1958 al 1963 del 150% contando 184mila affiliati, distribuiti in 5.200 gang.
Sotto il kumicho ci sono vari komon (consulenti), Shingiin (consiglieri), kimucho hisho (segretari), kaikei (contabili e commercialisti) e wakagashirahosa (sottoposti al numero due). Il numero tre (shateigashira) è circondato da tanti shateigashirahosa (aiutanti). Ed infine gli shatei (giovani fratelli) e numerosi wakashu (giovanotti) o chimpira (picciotti).
E’ molto importante che il nome della famiglia (ikka) coincida con quello del capo per permettere ai figli di succedere al comando, altrimenti in base ad un sistema di regole successorie vengono esclusi. Nell’ambiente malavitoso la successione è annunciata con ufficialità. Fino a poco tempo fa, prima che entrasse in vigore la legge anti-yakuza, era facile leggere tra gli avvisi economici gli ordini del giorno delle riunioni delle principali organizzazioni.
Quando due appartenenti si incontrano per la prima volta, ciascuno di essi assume una posizione particolare. Fa un piccolo passo avanti, piegando le gambe, posando il pugno sulla coscia destra e stendendo il braccio sinistro. Il primo recita il suo luogo d’origine, quello della sua residenza attuale, il nome proprio e quello del suo oyabun. Al termine lo stesso saluto è ripetuto dalla seconda persona.
“Riso, pesce, sale e sakè sono posti nella nicchia dell’altare scintoista quando inizia la cerimonia. L’oyabun (capo) prima beve, poi porge la tazza al kobun (novizio) che sta per essere ammesso nell’organizzazione. A questo punto il torimochinin (l’organizzatore dell’incontro) ammonisce circa i solenni doveri del kobun.
“Finchè tu tieni questa tazza, dovrai essere leale alla ikka e servire il tuo oyabun con pietà filiale. Anche se tua moglie e i tuoi figli muoiono di fame, tu devi lavorare per l’oyabun e per la ikka a rischio della tua vita. Il tuo dovere è ora di vivere con questa parentela per tutta la vita. Considera il tuo oyabun come il tuo padreterno. Non temere l’acqua o il fuoco e offriti spontaneamente per assumerti ogni compito difficile”.
Anche la protezione ha la sua rilevanza. Nel febbraio del 1994 un dirigente della Fuji Photo Film Co. venne ucciso a Tokyo davanti alla sua abitazione per non essersi piegato alle richieste degli esattori della Yakuza. Il 10 giugno del 1996 tre top manager della Takashimaya, la più grossa catena commerciale giapponese, sono stati arrestati per aver pagato alcuni boss in cambio di protezione. In carcere è finito anche Isao Nishiura, il capo di una delle tante famiglie mafiose giapponesi. Il sistema usato è semplice. I boss della Yakuza minacciano di partecipare alle riunioni annuali dei soci delle più importanti holding, rivelando particolari inediti sulla gestione societaria. Nel 1993 per casi analoghi erano finiti in carcere un dirigente della più grossa fabbrica di produzione di birra del paese, la Kirin Brewery Co. ed un manager della seconda catena di supermarket del Giappone, la Ito-Yokado Co.
Nel 1992 il governo, nel tentativo di arginare questo fenomeno mafioso emanò una legge anti-boryokudan con la quale furono considerate illegali tutte le associazioni che usavano metodi d’intimidazione e violenza. In un primo momento la legge sembrò dare i buoni risultati. Rispetto al 1991, gli yakuza si erano ridotti di 11.000 unità e nel 1993 la polizia ne arrestò 1.440.
Indagini più attente hanno poi evidenziato come la diminuzione dei clan sia stata accompagnata dall’aumento dei componenti delle famiglie più potenti come la Yamaguchi-gumi a Kobe o la Sumiyoshi-rengo a Tokyo. Il fallimento della lotta contro la criminalità è stato poi confermato da una nuova indagine del maggio 1997. L’indagine rivelò la presenza di ventitre clan Yakuza regolarmente registrati come associazioni filantropiche, dietro alle quali gestivano i loro traffici illeciti.
Creando organizzazioni a sostegno delle vittime, ma questi interventi non sono riusciti a intaccare l’immagine tradizionale dello yakuza. Ogni yakuza, vive in un universo popolato da antichi rituali e suggestive cerimonie come la sakazukishiki, cerimonia di iniziazione, lo yubitsume, amputazione della falange, e lo irezumi, il tatuaggio.
La mafia giapponese si è saputa adeguare ai cambiamenti del paese, sfruttando lo sviluppo economico e conquistando un ruolo di prestigio nell’alta finanza. Tutto questo mantenendo la forma originale dell’organizzazione nella quale i rapporti sono regolati dal ninkyodo, insieme di norme morali e comportamentali modellate sul bushido, l’antico codice etico dei samurai.
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