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Il titolo di visir fu istituito da Snefru ed il primo a fregiarsene fu Nefermaat. Tuttavia la funzione risale a molto tempo prima e già la ricoprì Imohtep sotto il faraone Djoser.
In qualità di ministro dell’Interno, riceveva i rapporti dei nomarchi, controllava le spartizioni territoriali e l’amministrazione delle “coorporazioni” dei mestieri, dirigeva la polizia e reclutava le truppe. I suoi ordini venivano recapitati da messaggeri (uput) che spesso volgevano inchieste per suo conto e andavano a controllare direttamente l’amministrazione sin nel cuore delle province.
In quanto ministro della Giustizia, presiedeva la Corte Suprema e diversi Consigli dei funzionari, ed essendo anche direttore delle Finanze, il capo del Sigillo si recava da lui ogni mattina per rendergli conto della gestione del tesoro e dei tributi ricevuti.
Per accedere alla carica occorreva in primo luogo essere uno scriba “sapiente tra i sapienti”.
Sotto l’Antico Regno soltanto i figli o i nipoti dei sovrani potevano diventare visir. Durante gli Imperi tebani, la possibilità di potersi candidare si estese anche ai funzionari che si fossero dimostrati particolarmente dotati salendo la scala gerarchica grazie alle proprie qualità.
Dalle molte tombe di visir del Nuovo Regno, possiamo farci un’idea di quanto essi fossero ricchi e influenti. Dai testi incisi sulla tomba di Rekmara, visir di Thutmosi III, comprendiamo anche quanto la loro giornata fosse faticosa e difficile da portare a termine mantenendosi sempre nell’equità, infatti era proprio l’effige di Maat, simbolo di verità, che ornava la loro lunga veste.
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