MITOLOGIA NORDICA

Odino non era solo il Padre degli dei e il Saggio Viandante. Quando, con il suo destriero a otto zampe Sleipnir scendeva nei campi di battaglia degli uomini, diventava il dio della tempesta e della guerra: Ygg il terribile.

Ygg con il suo unico occhio, il potente corpo avvolto da una cotta di maglia, appariva decidendo chi sarebbe stato il vincitore e quindi scagliava la sua lancia Gungnir sugli sconfitti.

Odino aveva al suo seguito un gruppo di fanciulle guerriere che indossavano luminose armature ed elmi alati. Le loro spade scintillavano come lampi, mentre avanzavano tra le nuvole e la schiuma dei loro destrieri cadeva come grandine sulla terra.

Erano le Valchirie.

In maggior parte provenivano da Asgard, ed erano figlie di dee ma ogni tanto Odino, affascinato dal coraggio di qualche ragazza sulla terra le permetteva di unirsi alle Valchirie. Anche se non potevano vivere nella dimora degli Asi, Odino donava loro stupendi mantelli fatti di penne di cigno con i quali potevano volare per Midsgard anche quando non c’erano battaglie.

Erano le Valchirie che decidevano chi sarebbe morto in battaglia e lo portavano ad Asgard dove l’eroe avrebbe vissuto una vita gloriosa nella dimora degli ospiti di Odino: il Valhalla.

Il dio, aveva previsto che prima o poi ci sarebbe stato uno scontro decisivo tra gli Asi e le forze del male, quindi voleva poter disporre di un grande esercito di valorosi soldati che combattessero al suo fianco.
Così capitava che qualche guerriero intento a combattere, sentisse un lieve tocco sulla spalla e voltandosi vedesse una fanciulla con un elmo alato. Sapeva che la sua ora era ormai giunta e che era stato scelto per diventare uno degli eroi di Odino, la sua furia aumentava e si lanciava all’assalto per uccidere il maggior numero di avversari prima di cadere lui stesso privo di vita.

La Valchiria raccoglieva il suo corpo e dopo averlo adagiato sulla sella del proprio cavallo lo conduceva ad Asgard, fino ad un boschetto dove gli alberi avevano foglie d’oro. Il loro luccichio avrebbe accompagnato la Valchiria ed il suo eroe sino al Valhalla.

Il Valhalla era una costruzione immensa, impossibile vedere il muro opposto.

C’erano cinquecentoquaranta porte talmente grandi che un migliaio di uomini potevano marciare attraverso di esse fianco a fianco. Il tetto era ricoperto di scudi rotondi e sorretto da forti lance, alle pareti erano appese maglie ed elmi.

Al centro della sala ardeva un lungo fuoco dove erano allineate panche da entrambi i lati. Il posto per un nuovo arrivato non sarebbe mai mancato e le Valchirie rapidamente colmavano, sin ben oltre il limite, i piatti di cibo e i corni di birra e idromele.

Una strana capra viveva sul tetto del Valhalla.

Brucava le foglioline dei rami di un albero e dalle sue mammelle fluiva idromele in abbondanza, tanto che le brocche poste per raccoglierlo traboccavano continuamente. Un grosso maiale era macellato ogni mattina, cotto e divorato di notte, quindi tornava in vita pronto per essere macellato e mangiato di nuovo al mattino successivo.

Il trono di Odino si trovava nella parte nord del Valhalla ed era lì che il dio si sedeva per unirsi ai festeggiamenti dei suoi eroi. Accanto gli sedevano quattro dei suoi figli, Tyr, Hod, Vidar e Vali, tutti dei della guerra.

Terminato il banchetto, quando Odino si ritirava, gli eroi si gettavano sulle panche ricoperte di paglia e dormivano finché un gallo d’oro non li destava di mattino successivo con il suo canto.

Al risveglio l’umore era combattivo, masticavano qualche fungo velenoso per provocarsi attacchi d’ira e saliti sulle panche brandivano le armi e si lanciavano in furiosi combattimenti sul campo di Ida.

Non erano finte battaglie, anzi, ogni eroe combatteva come un forsennato e al termine il campo era cosparso di testa e membra. Quando suonava la campana che annunciava il pranzo, ognuno andava a raccogliere i pezzi del proprio corpo, li risistemava e insieme varcavano le ampie porte del Valhalla, amici come prima, preparandosi per un nuovo succulento banchetto.

Era così che gli eroi si tenevano in allenamento e allo stesso tempo potevano spassarsela in maniera gloriosa.

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