STORIA DEGLI STATI

Il Tibet possiede una storia secolare di indipendenza che risale al 127 a.C., fino al 1950 anno in cui fu invaso dalla Repubblica Popolare Cinese.


Fu una chiara violazione delle leggi internazionali, a tutt’oggi il Tibet è oppresso dall’occupazione cinese illegale e repressiva. Il Dalai Lama, capo di stato e guida spirituale del Tibet, fermo sostenitore della non-violenza, ha tentato per otto anni di coesistere pacificamente con i cinesi.

Il 10 marzo del 1959, la resistenza tibetana è culminata in una insurrezione nazionale contro i cinesi. L’esercito Cinese ha schiacciato l’insurrezione, uccidendo in quella data più di 87.000 tibetani, nel solo Tibet centrale.
Il Dalai Lama, i membri del suo governo e circa 80.000 tibetani sono fuggiti dal Tibet e hanno cercato asilo politico in India, in Nepal e in Bhutan.

Le Nazioni Unite hanno approvato tre risoluzioni sul Tibet, nel 1959, nel 1961 nel 1965, che hanno espresso seria preoccupazione per la violazione dei diritti umani e che hanno invocato : «la cessazione di pratiche che privano il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e libertà, incluso il proprio diritto all’auto-determinazione».

Uno degli aspetti penosi della dominazione cinese è stato il “thamzing”, durante il quale i tibetani erano costretti ad autoaccusarsi dei crimini non commessi e ad autodegradarsi. I bambini erano sovente obbligati ad accusare i genitori di aver compiuto questo o quel crimine e a colpirli con sassi. Molti genitori, a loro volta, sono stati costretti a pagare i proiettili usati per ucciderli e a ringraziare i cinesi per aver eliminato “elementi antisociali”.

Le donne tibetane sono soggette tuttora a sterilizzazioni forzate e a procurati aborti: il potere cinese vuole che i cinesi in Tibet siano sempre più numerosi e i tibetani sempre di meno. Spesso vengono sterilizzate in condizioni spaventose. Tutte le donne in età fertile di un paese radunate a forza davanti a una tenda montata allo scopo, sono costrette ad attendere il loro turno ascoltando oltretutto le grida della donna operata all’interno. Non ci sono anestesie, altissima è la percentuale di donne morte per infezione, poiché vengono obbligate ad abortire anche donne in attesa da cinque o sei mesi. Le donne tibetane si rifiutano di partorire negli ospedali perché in molti casi il bimbo viene loro sottratto e considerato “morto durante il parto”.

Inoltre il Tibet, un tempo pacifico stato cuscinetto tra India e Cina, è diventato una vasta base militare che ospita buona parte della forza missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente in 350 testate nucleari. Esistono numerose miniere di uranio dove la manodopera è quasi esclusivamente tibetana; parecchie persone che vivono nei villaggi vicini alle basi atomiche, ai luoghi di interramento delle scorie nucleari e alle miniere di uranio, sono gravemente malate, mentre continuano a nascere bambini deformi, i campi non danno più colture, gli animali muoiono e le acque dei fiumi che attraversano vasti territori dell’Asia, quali Brahmaputra, sono contaminate da materiale radioattivo.

Le risorse naturali del Tibet e la sua fragile economia stanno per essere irrimediabilmente distrutte. Gli animali selvatici sono stati sterminati, le foreste abbattute, il terreno impoverito ed eroso. La deforestazione del Tibet procede senza sosta dal 1963.

Più di 6.000 monasteri, templi ed edifici storici sono stati razziati e rasi al suolo, le antiche opere d’arte ed i tesori della letteratura sono stati distrutti o venduti dai cinesi. Migliaia di statue d’oro sono state fuse, trasformate in lingotti e trasportate a Pechino. La Cina proibisce in Tibet l’insegnamento e lo studio del Buddismo, l’odierna apparenza di libertà religiosa è stata inaugurata unicamente per fini di propaganda e turismo. Finti monaci prezzolati popolano finti monasteri, mentre i monaci e le monache vengono espulsi, maltrattati e imprigionati.

Il governo tibetano in esilio è stato riorganizzato secondo i moderni principi democratici, amministra tutte le questioni che riguardano i tibetani in esilio, incluse la rifondazione, la preservazione e lo sviluppo della cultura e delle strutture educative tibetane, e guida la lotta per la restaurazione della libertà del Tibet.

Il popolo tibetano, sia all’interno che all’esterno del Tibet, considera il proprio Governo in Esilio come l’unico governo legittimo del Tibet.

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