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Le origini di Roma sono tuttora avvolte nella leggenda, molti storici e archeologi discutono su questa o quella tesi.
Difficilmente si saprà come veramente andarono le cose e come nacque la città destinata a diventare per un millennio il centro del mondo conosciuto.
Le poche cose che sappiamo circa la fondazione di Roma e il periodo monarchico dobbiamo attingerle in larga parte dagli storici latini. In particolare da Tito Livio che nel suo “Ab Urbe Condita” dà una descrizione di quello che successe in quegli anni. Il racconto di Livio, per gli storici, mostra molte lacune ed incongruenze che farebbero pensare ad un testo costruito ad hoc per glorificare le origini di Roma e della civiltà romana. Ad esempio, a differenza della leggenda raccontata dallo storico latino, la Storia ci dice che agli inizi Roma fu più volte dominata da popolazioni straniere come i Sabini e gli Etruschi. La stessa etimologia dei nomi di alcuni re e notabili romani starebbero a testimoniare queste dominazioni.
Lasciamo per una volta la Storia e seguiamo il racconto di Livio. Tra gli esuli della città di Troia, distrutta dall’esercito di Agamennone, troviamo due personaggi che intrapresero un viaggio che li portò sulle coste delle nostra penisola: Antenore ed Enea. Antenore risalì l’Adriatico fino a sbarcare nell’odierno Veneto, l’altro, Enea, risalì il Tirreno e sbarcò nel territorio di Laurento.
Enea, una volta sbarcato con la sua flotta di esuli troiani, ebbe subito a confrontarsi con le popolazioni locali. L’arrivo di stranieri non poteva non mettere in allarme le popolazioni aborigene e in particolare re Latino. Che ci sia stato un scontro, favorevole ad Enea, o che sia stata stipulata un’alleanza, neanche Livio è certo. Di sicuro le due popolazioni si unirono e il troiano fondò la città di Lanuvio. Insieme affrontarono e sconfissero i Rutuli, altra popolazione locale, i quali a più riprese, anche alleandosi agli Etruschi, cercarono di ridimensionare con le armi uno Stato che cominciava ad essere troppo potente e ricco. Le due popolazioni, i Troiani e i Latini, ormai fuse in un unica tribù, persero re Latino e di conseguenza Enea prese il suo posto. Nella seconda guerra contro i Rutuli, Enea vinse, ma perse la vita.
Lavinio era ormai diventata una città ricca, potente e sovrappopolata. Ascanio decise quindi di andarsene e fondare una nuova colonia a cui diede il nome di Alba Longa. Dopo Ascanio, regnò Silvio e poi una serie di re che, in questo frangente, è inutile elencare. Alcuni di questi re, secondo la leggenda, diedero poi nome ad alcuni riferimenti geografici tutt’ora esistenti: il Tevere da Capeto Tiberino e Aventino che diede nome all’omonimo colle.
Il primo prese il regno grazie alla sua maggiore età, ma il secondo usurpò il fratello e si proclamò re. Amulio, nella sua sete di potere, decise di uccidere tutti i nipoti maschi. Fece diventare sua nipote, Rea Silvia una Vestale che, secondo le regole di quell’ordine sacerdotale, dovevano rimanere vergini e quindi non potevano procreare.
Forse per rendere meno disonorevole la violenza subita, fece sapere che il padre era addirittura Marte, il dio della guerra. La furia di re Amulio non si fermò neanche di fronte ai legami parentali e diede ordine che i due gemelli venissero soppressi. A questo scopo furono posti in una cesta e abbandonati al Tevere. Il re era sicuro che le acque del fiume avrebbero ucciso i due gemelli. Sfortunatamente per lui in quel periodo il fiume era in fase di piena e così, quando le acque si ritirarono, la cesta, contenente i due gemelli, rimase in secco salvandoli da una fine certa.
La leggenda narra di come una lupa, attratta dai vagiti dei bimbi, si avvicinò e, impietosita, prese a nutrirli e a proteggerli. In seguito un pastore di nome Faustolo li trovò e il portò nella sua dimora dove sua moglie Larenzia si prese cura di loro. Sull’origine della figura della lupa, che poi diverrà il simbolo della città di Roma e della sua potenza militare, anche Tito Livio mostra di avere qualche dubbio. A questa leggenda sembra dar più credito all’ipotesi che il nome derivi piuttosto dal fatto che la moglie di Faustolo, poiché era una prostituta, veniva chiamata lupa.
Crescendo presero l’abitudine di depredare i ladroni e dividere il bottino con altri pastori e questa attività accrebbe la loro popolarità fra i giovani e i pastori della zona. Durante una feste sul colle Palatino, alla quale erano intervenuti tutti i giovani della zona, i ladroni tesero un agguato e riuscirono a catturare Remo e lo consegnarono, con false accuse, al re Amulio ignaro della reale identità del ragazzo. Romolo venuto a conoscenza, da Faustolo, della loro discendenza reale radunò tutti i pastori della zona e accorse ad Alba per liberare il fratello e, nel contempo, per rovesciare Amulio a favore del loro zio Numitore che tutti consideravano il legittimo sovrano. Anche Alba Longa, come Lavinio, divenne una città ricca, e potente. A Romolo e Remo parve buona idea lasciare la città per andare a fondarne una nuova colonia nel luogo dove avevano trascorso la loro giovinezza.
Remo vide sei avvoltoi e quando i sacerdoti stavano per proclamare il verdetto divino, successe che Romolo di avvoltoi ne vide dodici. Entrambi pensarono di essere stati scelti; uno per essere stato il primo a vedere gli auspici e l’altro per essere stato quello che aveva scorto l’auspicio più grande. Così tra le due fazioni scoppiarono dei tumulti in cui Remo perse la vita, si dice ad opera dello stesso Romolo, suo fratello.
A lui seguirono altri sei re prima dell’avvento della repubblica……ma questa è un’altra storia.
Questa è la leggenda, sulle origini di Roma, che Livio ci ha tramandato nella sua opera più famosa.
Sull’effettiva esistenza del re Romolo non si hanno certezze, ma si possono fare solo supposizioni. Ormai pare assodato che Roma, prima di diventare repubblica, visse un periodo di monarchia e sembra anche che il racconto di Livio non sia solo frutto di immaginazione.
Buona parte di esso è confermato da vari studi storici e da ritrovamenti archeologici.
Cristiano Suriani
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