PRESSO I POPOLI GERMANI
MITOLOGIA
Presso i popoli germani le forme di culto erano molto semplici e consistevano principalmente nell’offerta di sacrifici, nella divinazione o interpretazione del volere degli dei.
Spesso erano offerte agli dei vittime umane, soprattutto prigionieri di guerra.
Accadeva, talvolta, che nei sanguinosi combattimenti tra le tribù in lotta tra loro, la parte che soccombeva veniva totalmente sterminata: massacrati guerrieri, uccisi i cavalli e tutto ciò che era vivo.
I germani non avevano edifici per il culto: questa funzione era svolta dai boschi sacri in mezzo ai quali erano situati gli altari. Non esistevano nemmeno rappresentazioni delle divinità, se si escludono alcuni rozzi tronchi d’albero che fungevano da idoli.
Giulio Cesare ci porta a conoscenza di una pratica arcaica del popolo dei germani svevi in base alla quale la divinazione e l’accertamento della volontà degli dei erano affidati a vecchie matrone (matres familiae) anche nelle questioni militari. Testimonianza di quanto fosse importante la funzione del matriarcato.
Un secolo e mezzo dopo Tacito, nel testo “Germania”, scriveva che i sacerdoti possedevano un’autorità superiore a quella dei re, dei capi tribù e dei comandanti militari. La giustizia era nella mani dei sacerdoti i quali, parlando in nome degli dei decidevano le pene, le condanne a morte e dirigevano le assemblee tribali.
La funzione delle donne però, sia nella vita sociale sia in quella religiosa continuò ad essere di vitale importanza.
Scriveva Tacito:
”Credono che vi sia nelle donne qualcosa di santo e fatidico, non rifiutano con disprezzo i loro consigli, né trascurano le loro previsioni”. Alcune sibille godevano di un particolare rispetto ed esercitavano un’enorme influenza sugli affari pubblici e talvolta anche su quelli della propria tribù.
La più celebre era la vergine-profetessa Veleda, della tribù dei bructeri, che svolse una funzione di primo piano durante la rivolta batava, guidata contro l’impero romano da Giulio Civile, principe batavo romanizzato.
Fu proprio Veleda, infatti, a predire gli iniziali i primi successi dei ribelli.
Qualche tempo prima la medesima funzione era stata riconosciuta ad Albruna (o Avrinia) e in seguito a Hanna.
Per quanto riguarda i cimbri (una tribù germana alla quale molti attribuiscono origini celtiche) all’epoca della loro spedizione contro l’Italia, i prigionieri venivano uccisi personalmente dalle anziane sacerdotesse o dalle sibille che traevano auspici sull’esito della guerra dal sangue e dalle interiora delle vittime.