VI RACCONTO TORINO

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La piazza che per antica denominazione è detta dai torinesi “Carlina”, è un luogo ricco di storia con al centro il monumento al conte di Cavour chiamato il fermacarte per la sua struttura.

Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, volle dedicarla al duca suo marito,

Per la costruzione chiamò Castellamonte. Sicuramente non sarà rimasta soddisfatta dalla denominazione semplice che subito le si diede: Piazza del Vino.

Per quale motivo Piazza Carlina fu chiamata così?

Il motivo è semplice. Fino al 1865 per due volte la settimana, vi si teneva il mercato dei vini, in una colorata e chiassosa girandola di venditori, ognuno dei quali, tracannava a scopo dimostrativo i primi bicchieri e si sbracciava nel decantare ad alta voce il proprio prodotto.

Appena fu aperta la piazza agli angoli comparvero quattro tettoie e un peso pubblico. Quando, nel 1865, si decise di sistemare al centro il monumento che onorasse Cavour le tettoie furono abbattute. Giovanni Duprè è l’autore del monumento alto 14,20 metri, completato da dieci statue allegoriche.

Ogni casa ed ogni pietra di piazza Carlina racconta un pezzo di storia torinese.

Quando fu edificata la chiesa di Santa Croce suscitò accese discussioni visto che era senza facciata, poi i torinesi si abituarono a vederla così. All’interno vi è conservata la Deposizione del Beaumont. Il 20 aprile 1831, nel vicino palazzo dei Conti di Guarene morì Luigi Ronaldo, anatomista e filosofo noto per i suoi studi sul cervello.

Con la nuova ventata rivoluzionaria degli occupanti francesi la piazza assunse il nome di Piazza della Libertà e paradosso dei paradossi al centro fu posta la ghigliottina con la quale si diede assai da fare il boia Gaspare Gavazza.

La ghigliottina aveva la lama, che stridendo sul collo del condannato, faceva rabbrividire gli abitanti dei palazzi limitrofi che non gradivano molto lo spettacolo. Macabro spettacolo che invece attirava una folla di curiosi che arrivava da lontano.

In piazza Carlina furono effettuate molte esecuzioni, dal 1800 al 1814 se ne contarono quattrocentoventitre. Gavazza fu aiutato nel suo lavoro da Filippo Bittenbender e poi da Nicodemo Pantoni, nome quest’ultimo di un’intera famiglia di boia.

Quando finalmente fu tolta la ghigliottina dalla piazza, la lame e le travi, tutto smontato pezzo per pezzo, furono portate in via provvisoria nel chiostro della chiesa del Carmine.

L’ 8 novembre 1873 fu inaugurato il monumento a Cavour.

L’opera del Duprè costata seicentocinquantamila lire, messe insieme con una pubblica sottoscrizione, non piacque molto ai torinesi.

Quando fu tolta la bassa cancellata che circondava il monumento, fu ancor più facile avvicinarsi all’opera. I vandali ne approfittarono iniziando quell’opera di lenta demolizione che non solo non si è interrotta ma ha trovato incremento in questi ultimi anni,

Nell’insolita storia di piazza Carlina spiccava Simon Lanin, l’uomo che uccideva con la magia nera o meglio decapitava la gente con un colpo di matita. La sua comparsa a Torino pare potersi fissare intorno al 1806.

A Lanin fu attribuito un opuscolo di tredici pagine sul modo di ottenere “la distruzione di qualsivoglia essere per mezzo di oggetti preziosi”.

In quel periodo Torino pullulava di negromanti e non pochi furono i delitti rimasti impuniti poichè “definiti” di matrice magica.

Nato a Piobesi, Lanin operava a Torino dove abitava in una casupola quasi una baracca, che oggi potrebbe collocarsi fra via Maria Vittoria e via Po. Uccideva e rovinava con la magia nera manipolando statuette di cera con le sembianze delle persone da colpire, le trafiggeva o le buttava nel fuoco.

Ci fu una connessione tra Lanin e piazza Carlina. Dilettandosi anche di pittura, aveva dipinto una veduta della piazza nel tempo rivoluzionario in cui si trovava la ghigliottina. Quindi soleva sovrapporre all’infernale macchina ritratta nel quadro, il ritratto della persona da giustiziare. Ossia di colui che nelle intenzioni di Lanin era da distruggere.

Recitava formule e compiva atti in attesa che il suo sortilegio si compisse. Non si conoscono le circostanze della morte del mago Lanin, ma sappiamo invece che fine fece il suo quadro.

Fu esposto in una bottega presso via della Misericordia e poi dato alle fiamme nel giorni della restaurazione quando, partiti i francesi, Torino ritrovava se stessa liberandosi dei simboli e dei ricordi della rivoluzione.

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