BIOGRAFIE VI RACCONTO TORINO

Nel 1705, quando Pietro Micca entrò a far parte della compagnia Minatori, le escavazioni di nuovi rami difensivi erano in corso da lungo tempo. In quegli anni di guerra, molti furono i lavori di fortificazione alle principali piazze e fortezze. I lavori furono incrementati dopo l’ottobre 1703 per l’imminente pericolo dell’invasione francese, conseguenza del rovesciamento d’alleanza effettuato da Vittorio Amedeo II.

Pietro Micca aveva trovato occupazione nella Cittadella di Torino.

Proprio l’assegnazione alla compagnia Minatori confermerebbe la sua precedente conoscenza della rete di contromina della fortezza filibertiana. Micca entrò nel giugno del 1705 nella compagnia dei “veri padroni” del sottosuolo della fortezza. Ognuno di loroconosceva bene i cunicoli scavati sotto le mura adiacenti alla Cittadella. Quattordici chilometri sotto di questa, sette sotto i baluardi cittadini per un totale di venti chilometri di gallerie di contromina.

Il primo “rollo” o ruolino che porta il suo nome è del 28 luglio 1075

Nel documento compaiono anche il nome del padre, la “patria” ,cioè il luogo di nascita, l’età ed il nome di guerra: “Passapertutt”. Ogni soldato infatti, aveva un nome da guerra da lui scelto, nome con cui veniva poi registrato e con cui compagni e superiori lo chiamavano.

A fine agosto la piazzaforte di Torino si apprestava ad affrontare, dopo una serie di minacce, l’armata francese. Dopo aver obbligato Vittorio Amedeo ad abbandonare la linea difensiva di Chivasso-Castagneto, la piazzaforte di Torino si era portata sotto la città. Il generale La Feuillade, aveva preso alloggio al castello di Venaria. Da là aveva fatto iniziare, ai primi di settembre, lo scavo di trincee d’assedio, proprio nel settore della Cittadella. La situazione dei difensori di Torino apparve subito grave, poichè a quel tempo le predisposizioni della piazza erano molto lontane dall’essere complete.

Fortunatamente per il duca di Savoia, le iniziative nemiche si arrestarono già il 18 settembre. Fu lo stesso re di Francia a disporre che l’assedio fosse rinviato all’anno successivo nonostante le proteste dei generali francesi . I torinesi ebbero così sette mesi per completare i rafforzamenti Grandi “controguardie” con pianta ad “L”. Lunette o “frecce” avanzate sulle capitali dei bastioni, una seconda strada coperta, una “tagliata reale” sul piazzale interno della fortezza e altre opere.

Migliaia di uomini, donne, ragazzi lavorarono freneticamente nel freddo inverno per terminare in tempo l’intera serie delle nuove fortificazioni.

Sottoterra i Minatori, operando in ambienti polverosi, poveri d’aria, costruirono numerose camera da mina, allestirono i materiali per l’armamento e l’intasamento dei fornelli. Inoltre, scavarono pozzi d’aerazione, assicurarono botole e chiusure.

Quando nel maggio del 1706, l’esercito franco-spagnolo si presentò davanti a Torino per dare inizio all’assedio, non riconobbe più la città. L‘organizzazione sotterranea aveva raggiunto risultati eccellenti. 155 fornelli da mina approntati (ma non caricati), numerosi rami in legname aperti per moltiplicare le possibilità di colpire l’invasore. Purtroppo la compagnia dei Minatori era sfortunatamente rimasta debole. Il capitano Bazzolino, un luogotenente, due sergenti, tre caporali, quarantasei minatori. Cinquantatre combattenti, affiancati da centocinquanta muratori civili ed altrettanti operai per le più svariate esigenze.

I francesi erano pronti ad entrare in azione con un corpo di quarantotto ingegneri militari, sia per dirigere gli attacchi sotterranei, sia per condurre gli avanzamenti in superficie. Per la lotta nel sottosuolo vi erano ben quattro compagnie Minatori, ciascuna di circa centocinquanta uomini. Quei reparti dovevano impossessarsi o neutralizzare i cunicoli della Cittadella ed in certi casi distruggerli.

Il 5 luglio il generale de Chamarande scrisse:

“Il nostro grande obiettivo deve essere quello di combattere le loro mine e di avanzare sottoterra. Attività che richiederanno del tempo. I nostri minatori hanno iniziato gli scavi il 25 giugno e non possono ancora darci l’assicurazione sul tempo occorrente per l’esplosione delle mine”.

Un profondo senso di insicurezza e talvolta di panico si diffuse così nel campo avversario. In realtà la rete di contromina era meno efficiente e meno segreta di quanto la valutassero i francesi. I Francesi, seppur con gravi perdite, riuscirono a spingersi al fossato esterno della Cittadella, su un fronte di 550 meri. Era la metà dell’ Agosto del 1076. Migliaia di soldati erano ammassati nelle trincee e nelle batterie di breccia, su un terreno tormentato che nascondeva la misteriosa rete sotterranea della piazza. Da quel sottosuolo iniziarono ad esplodere mine inghiottendo uomini a centinaia. Fu usato ogni mezzo per rallentare gli avanzamenti dei Francesi, che il 26 agosto sferrarono il primo attacco alla Cittadella.

L’esito fu tragico ed infruttuoso.

Dopo circa quaranta giorni di avanzata cruenta, le fortificazioni esteriori erano in mano al nemico, nel sottosuolo la temibile rete di contromina era presidiata dalle squadre del capitano Bozzolino. Dal 18 agosto, nel timore di un’ irruzione, la scala che collegava i due piani di gallerie del ramo della Mezzaluna del Soccorso era stata minata. Il passaggio vicinissimo allo sbocco del cunicolo alto nel fossato, avrebbe potuto essere occupato dal nemico, la cui linea correva proprio sulla verticale di quell’ ingresso.

Il rischio era gravissimo.

Un piccolo nucleo di difensori era stato posto davanti alla porta esterna ed un coppia di minatori vegliava sulla scala accanto alla carica pronta. Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 una grossa pattuglia francese si calò nel fossato dalla trincea avanzata. Puntarono all’ingresso della galleria, vinsero la resistenza della guardia e si infilarono alla rinfusa nel cunicolo.

All’improvviso una porta ferrata davanti a loro si chiuse. Era il Minatore Pietro Micca, di guardia quella notte, che aveva avuto la “consegna” di far esplodere l’ingresso se il nemico lo avesse forzato. I colpi d’ascia sul legno aumentavano.

La porta avrebbe resistito fino al termine dell’operazioni d’innesco?

Pietro Micca ingiunse al compagno di salvarsi: quindi si inginocchiò di fianco al fornello e vi applicò la miccia. Doveva scegliere: una buona lunghezza avrebbe significato per lui la salvezza, ma il tempo era poco e la porta stava per cedere. Così applicò una miccia molto corta, la carica esplose con un enorme boato distruggendo la parte alta della scala e l’adiacente galleria, uccidendo gli invasori.

“Passepertutt” fu scaraventato nella galleria bassa, dove il suo corpo fu trovato a quaranta passi. Riempitasi la scala di macerie, la rete di gallerie fu così salvata dal sacrificio di un umile soldato. Otto giorni dopo, Torino fu liberata dall’assedio.

Un monumento ed una via centrale sono stati dedicati all’eroe Pietro Micca ed esiste un museo che porta il suo nome. Aperto nel 1961, a tre anni dalla scoperta della scala, è possibile visitare il luogo del sacrificio del giovane militare e l’intricata rete delle gallerie di contromina della Cittadella.

Museo Civico Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706

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