I SETTE VELI DI ISIDE

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È ormai ipotesi accreditata che nel 2.450 a.C., ( anno della costruzione della Grande Piramide, anche se a parere di qualcuno esisteva già), i due condotti sud dell’edificio, quelli che partono dalla Camera del Re e dalla Camera della Regina, puntassero rispettivamente verso la costellazione di Orione e la stella Sirio, identificate con Osiride e Iside.

Si pensa che la colossale costruzione fosse percepita dallo spirito egizio come un luogo di unione e fecondità, dove la vita del Nilo, le cui acque, s’ipotizza, furono fatte confluire proprio lì.

Si rinnovava tramite un processo di rigenerazione simbolica di Osiride (nel suo aspetto di Dio morente e risorto) a contatto con la Dea.

Proprio su questo scenario mitico punteremo la nostra attenzione, nel tentativo di togliere i sette veli ( numero simbolico, ovviamente) che ne hanno ricoperto con il tempo l’identità originaria facendo di Iside una Dea stratificata e multiforme e carpirne, così, l’essenza più intima e radicale.

Il primo velo che toglieremo a Iside è appunto quello della sua versatile adattabilità, che l’ha resa plasmabile in differenti contesti religiosi, misterici e sapienziali.
E per farlo partiremo dalla celeberrima descrizione che nell’XI Libro dell’”Asino d’oro” ne ha data Lucio Apuleio.

PRIMO VELO – LA DEA UNIVERSALE

In particolare Iside fu sovrapposta in una quasi assoluta identità di alcuni episodi mitici con la greca Demetra, Dea del grano, tema su cui peraltro avremo modo di tornare e già accennato nella connotazione iconografica fornita da Apuleio, dove appunto la Iside-“Cerere Attica” è raffigurata con le spighe di grano che sormontano il disco lunare.

Inoltre Iside era chiamata “la Nera” proprio come Demetra (nel mondo antico era il colore della fertilità) e tale caratteristica sarà forse il principale veicolo del proliferare di Madonne Nere in Europa, tutte non a caso dotate di virtù curative.

Dea-Uccello (le sono sacri l’avvoltoio, l’anatra, la rondine) e Dea-Serpente come la Grande Madre della preistoria europea, Dea-Vacca in quanto Signora della Luna e sposa di Osiride-Toro, e ancora Dea del mare e della navigazione (funzione poi ereditata in epoca cristiana da Maria), Iside è stata, e per molti versi è ancora, un personaggio di forte rilievo in ambiti magici e alchemici .

Basti pensare, ma è solo un esempio, ai documenti ermetici dei primi secoli d.C., come “Kore Kosmou”, “Fanciulla del Cosmo”, o l’alchemico “Iside la profetessa a suo figlio Horo“, nei quali viene effigiata quale detentrice di Sapienza.

Il culto di Iside ebbe straordinaria diffusione nel mondo ellenistico-romano e ancora il suo mito fu recuperato nel Rinascimento, che la sovrappose anche alla Dea Fortuna.

Ritroviamo Iside perfino nel secolo dei lumi, quando alcuni studiosi francesi, e poi Napoleone con loro, dettero credito alla leggenda che voleva la Dea fondatrice di Parigi

SECONDO VELO – LA DEA MADRE

Un ulteriore filone di persistenza dell’immaginario religioso di Iside nella cultura europea è quello del sovrapporsi di elementi cultuali mariani su precedenti peculiarità isidiane.

E non solo per quanto riguarda la tradizione delle Madonne Nere, bensì soprattutto per l’immagine egizia di Iside che seduta in trono allatta il Figlio Horus, sorta di prefigurazione iconografica della Vergine con Gesù.

Inoltre le ali tese con cui Iside copre e protegge Osiride e i defunti sembrano un modello dei grandi manti con cui molte Madonne coprono e proteggono i santi e i fedeli.

TERZO VELO – LA DEA LUNA

Il terzo velo è costituito dall’aspetto che più di ogni altro ha permesso a Iside di coincidere con varie altre Dee e che abbiamo rilevato anche nel ritratto apuleiano: il suo legame con la Luna.

Legame che tuttavia assume connotati diversi da quelli a cui siamo abituati se si pensa che nelle concezioni egizie la Luna era attinente non soltanto a Iside ma anche al suo sposo e fratello Osiride , il cui rapporto con la Dea, articolato e complesso, sarà appunto il quarto e quinto velo che adesso solleveremo.
Note:

Scrive Plutarco nel suo “Iside e Osiride”:

“La morte di Osiride corrisponde, secondo il mito egiziano, al 17 del mese, quando cioè il plenilunio si compie e risulta perfettamente visibile. […] Gli anni della vita di Osiride, o […] quelli del suo regno, furono 28: tale infatti è il numero delle lunazioni e anche quello delle giornate necessarie perché il ciclo lunare si compia.

Il tronco che viene tagliato nel rito detto ‘Sepoltura di Osiride’ serve a costruire un’urna funeraria a forma di falce di luna: questo perché la luna, quando si avvicina al sole, prende l’aspetto di una falce fino a diventare invisibile” (cap. 42).
Questa e le prossime citazioni sono tratte dall’edizione: Milano, Adelphi, 1990 (3. ed.).

Iside: meditazione lunare

QUARTO VELO E QUINTO VELO

LA DEA SPOSA, CELESTE E TERRESTRE

Ecco, io tua sorella ti amo più di tutto quanto in terra e tu non ami un’altra come ami tua sorella, certo non ami un’altra come ami tua sorella! […]
Procede da te il forte Orione nel cielo vespertino, quando i giorni vanno a riposo uno dopo l’altro!
Ché sono io, all’approssimarsi del periodo di Sothis ,che veglio su di lui.

Questi frammenti tratti da un antico papiro conservato a Berlino in cui Iside si rivolge allo sposo, e che confermano l’identificazione di queste due Divinità con Sirio (“Sothis” in egizio) e Orione, mostrano l’intensità dell’amore che secondo il mito li legava.

(Mito di Iside e Osiride)
L’episodio dello smembramento collega Osiride a Dioniso, il Dio greco che secondo il mito fu appunto fatto a pezzi dai Titani, gli oscuri Figli di Madre Terra, e il cui animale sacro era parimenti il Toro, le cui corna segnalano la natura lunare di ambedue i personaggi.

E qui occorre una digressione mitologica per comprendere l’intensa pregnanza e i significati di un topos delle religioni euroasiatiche: quello del “Dio morente”, che risalirebbe addirittura alla preistoria.

Iniziamo la nostra deviazione proprio da Dioniso, alter ego di Osiride in terra greca insieme a Ade, Dio degli Inferi.

Firmico Materno e Clemente d’Alessandria sono i primi a riferire il mito della sua morte. Secondo il loro racconto i Titani avrebbero fatto a pezzi il Dio ancora bambino, per poi cuocerne le membra e mangiarle. Ma Minerva riuscì a sottrarre il cuore e denunciò il crimine al padre Zeus, che diede la morte ai colpevoli.

Della sua rinascita né Firmico né Clemente parlano e non ne parlerà il cristiano Arnobio, per non accomunare un Dio pagano al Cristo nel miracolo della vittoria sulla morte.

Tuttavia, quando fra IV e V secolo d.C. ,rifiorirono le correnti orfiche il mito di Dioniso si consolidò proprio sulla resurrezione, il fulcro più attivo nelle aspirazioni soteriologiche dei Misteri orfici.

Evidenti le corrispondenze con gli antichi culti orientali che in periodo ellenistico affluirono nell’impero di Roma.

Tali culti, le cui radici erano probabilmente mesopotamiche, avevano come tema comune proprio il rito di morte e resurrezione di un Dio.

Motivo sia naturistico, l’alternarsi delle stagioni, sia sviluppato successivamente in senso animistico o spirituale, come esemplificazione del percorso dell’anima immortale.

Forse il più diffuso, in tarda epoca ellenistica, è il culto di Cibele e Attis, importato a Roma nel 204 a.C. Attis, Dio della vegetazione, moriva e risorgeva e all’equinozio di primavera la sua vicenda veniva commemorata da una festa scandita in vari momenti: lutto, processione funebre, sepoltura e resurrezione.

Dalla Siria proveniva il culto di Adone, adorato, come Dioniso, soprattutto dalle donne.

La sua amante era Astarte, Dea della bellezza e dell’amore, e come Attis anche Adone muore, risorge, viene pianto e infine festeggiato in riti primaverili.
La vicenda di Cristo è analoga ai mitologemi degli Dei asiatici. Infatti Gesù, come Dioniso, nasce da una mortale e dona alla madre l’immortalità.

Compaiono inoltre in ambedue i miti il vino, la grotta con un asino, la culla, la persecuzione.

E sia Cristo sia il Dioniso misterico assumono la figura di Salvatore e soffrono una Passione in quattro momenti, pur se disposti in differente ordine cronologico): uccisione, spezzettamento delle membra, cannibalismo e resurrezione.

Vicende, periodi dell’anno e molteplici altri indizi rivelano il risvolto naturalistico racchiuso in questi miti, che fa di Osiride, come di Attis, di Adone e degli altri Dei citati, una Divinità connessa alla natura e in particolare alle fasi lunari.

Del resto il mito egizio ce lo testimonia con palese evidenza:

il corpo di Osiride viene diviso in quattordici parti (numero dei giorni di un emiciclo lunare: il ciclo dura infatti 28 giorni), che sono gettati in sette bracci del Nilo (numero ritmico delle fasi) e infine recuperati tutti fuorché uno (e il 13 è il numero di volte in cui nel corso di un anno la Luna effettua il suo giro completo).

Osiride rappresentava dunque tutto ciò che è fasico: Luna, stagioni, vegetazione, messi e in Egitto ovviamente il sacro Nilo (16), la più potente esemplificazione della ciclicità, dato che ogni anno per nutrire la terra con il suo prezioso limo il fiume esondava così puntualmente che l’evento fu usato come momento d’avvio per il calendario.

Ecco perché Apis, Dio-Toro con cui il fiume era identificato, fu assimilato con il tempo a Osiride, del quale condivideva appunto l’attitudine ai corsi e ricorsi che scandiscono i ritmi dell’esistenza.

In origine invece Osiride più che il fiume ne rappresentava l’esondazione, il principio di fertilità, quasi che il limo simboleggiasse il suo sperma divino.

Va pure detto che in siffatto scenario mitologico Iside recitava la parte della terra fecondata, quella che si adagiava intorno al fiume, mentre i suoi fratelli Seth il “Rosso” e Nefthi, altra Coppia del pantheon egizio, alludevano Lui all’aridità solare del deserto, la “terra rossa”, e Lei ai terreni lontani dal Nilo e dunque quasi mai raggiunti dalle acque esondate.

Si narra in effetti che Nefthi ottenne la sua unica gravidanza dopo un amplesso con il fratello Osiride, dal momento che Seth era sterile.
Ma se Osiride è l’esondazione, Iside che ne ricompone il corpo risulta essere, oltre che terra fecondata, anche la Natura che organizza e determina, nella funzione di potenza primeva, il ciclo stagionale.

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E poiché il fiume/Osiride era visualizzato zoomorficamente come un toro e Sirio/Iside in forma di vacca la loro contemporaneità sottintendeva anche un’unione sessuale, che in quanto tale era propiziatoria, tanto feconda quanto fecondante.

Un’altra spia dell’iperfunzione di Iside quale regolatrice della Natura ce l’offre l’episodio mitico in cui la Dea invece di uccidere Seth, catturato da Horus per vendicare Osiride, libera questo suo fratello rosso, incarnazione sia del principio di secchezza e aridità sia delle acque salate, e quindi non potabili, del mare.

Il magnanimo gesto è interpretato da Plutarco, nel suo “Iside e Osiride”, come una decisione saggia della nostra Dea, che in tal modo, Signora di Ordine e Misura, “non volle annullare completamente il principio opposto all’umidità, ma intese unicamente ridurlo e poi lasciarlo di nuovo libero per mantenere la composizione dell’atmosfera”, poiché “il cosmo non può essere perfetto se viene a mancare in esso l’elemento igneo “.

Plutarco ci segnala anche che le vesti rituali dei culti isiaci erano “di color variegato:

il suo ambito, infatti, è quello della materia, la quale si evolve in tutte le forme e a tutte le forme si presta, luce e oscurità, giorno e notte, fuoco e acqua, vita e morte, principio e vita “.

Iside, c’informa ancora lo studioso e sacerdote greco , personifica l’essenza della materia che porta in sé i semi di vita , la “casa cosmica” delle concezioni , il principio generativo che dissemina elementi germinali in ogni parte del mondo .

E questo c’introduce al sesto, decisivo velo che dobbiamo alzare e che imprevedibilmente ci riporterà a Sirio.

a cura di Cristina Tartaglino

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