Leggende

IL MISTERO DELLA BESTIA DI GEVAUDAN

LEGGENDE

“Et en disant ces mots ce mèchant loup se jeta le Petit Chaperon rouge et la mangea.”

Si chiude su questo finale di laconica tragicità la fiaba arcinota Cappuccetto Rosso, che Charles Perrault aveva pubblicato nel 1697, unificando e nobilitando una multiforme tradizione popolare. Ma la realtà è sempre in agguato per aggiungere qualcosa di orrido e malefico alla più truce fantasia.

Il prologo sinistro si ha nel 1764.

Una giovane guardiana di mucche del Vivarais viene aggredita da uno strano animale che verrà descritto in tal modo:
“E’ grosso come un vitello, con il petto ampio, il collo robusto, le orecchie dritte il muso da levriero, la gola nera con due denti laterali lunghi e affilati, la gola sfrangiata e una striscia bianca che va dalla sommità della testa all’estremità della cosa stessa. Si muove a balzi lunghissimi”.

La donna riesce miracolosamente a mettersi in salvo; poi, la tragedia.

Il 1° luglio 1764, presso St.Etienne de Ludgarès, viene rinvenuto il corpo straziato di una contadina quattordicenne, Jeanne Boulet, nativa di Les Ubas. Siamo nel cuore della Francia, in un territorio scarsamente popolato, che, un secolo dopo, Elisèe Reclus ritrarrà ancora così. “Il dipartimento della Loèzere, che forma il promontorio dell’altopiano granitico, è una delle regioni più povere della Francia.

Il nome stesso di Gévaudan, che è la denominazione popolare del paese, vale a dire l’antico territorio dei Gabali, il Gavaldanus pagus dei tempi di Carlo Magno, ridesta subito nella mente l’idea di altopiano incolto, frequentato dai lupi, battuto dalle tempeste e spesso ricoperto di neve”.
Fra agosto e dicembre vengono segnalate nei dintorni altre morti analoghe, che si succedono con ritmo via via crescente, in un accavallarsi di quadri raccapriccianti: corpi martoriati, divorati, spesso privati della testa, con una certa prevalenza di vittime femminili.

Agli inizi del ’65 il misterioso assassino si sposta ad occidente, verso i monti della Margeride e l’Aubrac.

La “Bestia”, come si definisce per chiamare l’autore della carneficina (e il termine indefinito fornisce indicazione dello smarrimento generale), è avvistata da molti, ma è sfuggente, inafferrabile. Le viene attribuito un aspetto proteiforme: lupo enorme, orso gigantesco, iena, ibrido inclassificabile, mostro per metà umano.

I contadini, che non possono portare armi da fuoco, sono terrorizzati. Il vescovo di Mende fa celebrare funzioni e allo stesso tempo offre una ricompensa sostanziosa. La notizia giunge a Parigi e viene finalmente inviato un drappello di dragoni comandato dall’aiutante maggiore Duhamel. La spedizione si rivela però un fallimento: gli uomini sono maldestri e insolenti, pronti a saccheggiare i già provati paysans; i cavalli si trovano a disagio fra le asprezze del territorio e si impantano negli acquitrini.

Le morti continuano.

Si fa ricorso ai cacciatori normanni, fra cui i Denneval, padre e figlio, che fanno sfoggio di poderosi mastini specializzati nell’inseguimento dei lupi.

Inizia la carneficina degli animali.

Il 1°maggio 1765, i fratelli Martel de La Chaumette feriscono brutalmente un grosso esemplare presso Saint – Alban; ma la strage di uomini non cessa.

Luigi XV offre allora seimila franchi di ricompensa e decide di inviare il luogotenente delle cacce reali, Antoine de Beauterne, considerato “il miglior fucile del regno”. Questi osserva, predispone appostamenti e, dopo tre mesi, il 21 settembre, a Sainte-Marie-des-Charles, fa crollare un lupo colossale.

Racconterà:
Mi presentava il fianco destro e si è girato per guardarmi; senza por tempo in mezzo, gli ho tirato con la mia spingarda contenente cinque cariche di polvere, trentacinque pallini per la caccia al lupo e una palla di grosso calibro: la potenza dello sparo mi ha fatto rinculare di due passi”.

Gli attacchi sembrano cessare; in nove mesi si sono avuti 57 morti, tutti ragazze e ragazzi di giovane età.

A fine anno, tuttavia, si ripiomba nel terrore per un ennesima vittima. Il 21 dicembre Agnès Morgues di 11 anni viene trovata con la testa decapitata e il corpo dilaniato. La funebre conta riprende.E’ una lotta disperata e i nobili del luogo, sotto la guida del marchese di Apcher, decidono di unire le forze e di organizzare una battuta in grande stile, senza esclusione di colpi.
Finalmente, il 19 giugno 1767, il bettoliere Jean Chastel uccide il lupo “decisivo”.

La strage cessa per sempre, il Gévaudan è salvo.

Questa storia ha alimentato racconti, ha ispirato versi e opere teatrali ed è entrata stabilmente del folklore di quella parte della Francia. Su di essa sono state scritte decine di libri. Ma alla domanda capitale non è stata ancora data una risposta soddisfacente.

Cosa era la Bestia del Gévaudan?

Mi limiterò di passare in rassegna le ipotesi formulate, prendendone in esame i vari aspetti. La voce di un mostro umano quale autore delle stragi cominciò a circolare molto presto, alimentata da numerose osservazioni e inquietanti resoconti.

La Bestia fu vista proteggere con la zampa una ferita che le era stata inferta. La si sorprese ad osservare, attraverso una finestra a pianterreno, l’interno di un casolare, con atteggiamento che fu giudicato troppo umano. E, infine, nel corso di un combattimento con un tal Pierre Blanc, furono scorti strani bottoni sulla sua pelliccia. Le ipotesi estreme non sono mai mancate, anche con aggiornate visioni ufologiche.

A rigor di logica, fece comodo ai più scettici, dichiarare fosse stato un lupo, o addirittura un branco, ma questo non lo sapremo mai…

Lasciamoci il beneficio del dubbio, altrimenti, che mistero sarebbe?

GINA D’ERRICO

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LUPO SPIRITO GUIDA
La funzione di spirito-guida del lupo era attestata presso vari popoli tra cui i korya, gli uiguri e i khazar, dai quali l’animale era visto come l’inventore del fuoco, della caccia e della pastorizia, inoltre era il protettore delle greggi. 

LUPO PSICOPOMPO
Porta le anime a lavarsi nel fiume sacro. Questo lavaggio elimina ogni macchia di vita mondana, il lupo porta l’anima più leggera al suo Spirito e quindi nella sua casa ancestrale.

LA MORTE DEL LUPO
Nei secoli la caccia ha rappresentato un’attività indispensabile per la sopravvivenza delle popolazioni, tuttavia la caccia al lupo ha travalicato il semplice bisogno di sostentamento.

SIMBOLOGIA
Nei tempi il lupo è sempre stato associato al buio della caverna, alle sue fauci fameliche, a fitte e pericolose foreste, da qui l’atavica paura per questo splendido essere.

SIMBOLOGY
The wolf has always been associated with the darkness of caves, with ravenous jaws and dangerous thick forests: hence comes the atavistic fear of this splendid being.

FENRIR E IL CREPUSCOLO DEGLI DEI
Il lupo Fenrir era figlio di Loki (uno jotun fratello di sangue di Odino) e Angrbodhra (Presagio del Male) che avevano generato anche altri due figli Jormungandr (il serpente) e Hel (Colei che nasconde)

INIZIAZIONE MILITARE SPARTANA
La krypteia era un‘iniziazione militare rivolta ad un’elite di futuri guerrieri spartani. L’addestramento durava un anno durante il quale l’iniziato doveva vivere nel più totale isolamento, come un lupo.

LEGGENDA DEL LUPO SOLITARIO ( NATIVI AMERICANI)
Se si ascolta bene si udirà un ululato lontano nella Foresta, al limitare dell’ Accampamento della Tribù degli uomini:è il lamento di Lupo solitario per il suo amore mai realizzato.

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