Molti non sanno chi era Garzapano, della famiglia rurale degli Olderico.
Nel XII secolo Bussolengo era sotto la loro signoria rurale e Garzapano, il più famoso rappresentante, un milite potente, simpatizzante imperiale e molto ambizioso.
Nel 1154 l’uomo riuscì a dare una svolta alla sua vita. Il re di Germania, Federico di Hohenstaufen, detto il Barbarossa, quell’anno scese in Italia diretto a Roma, dove sarebbe stato incoronato imperatore.
Il seguito reale, percorrendo la Val d’Adige, dovette passare vicino alla Chiusa di Ceraino, luogo di imboscate, a causa della sua posizione geografica.
La Chiusa era infatti un ostacolo naturale dove il fiume s’inseriva per poche leghe in una gola, da dove anticamente non era possibile il passaggio, se non sul fiume.
Grazie a questa azione seguì l’esercito tedesco e combatté contro i Comuni padani che si ribellavano all’autorità imperiale: il nord Italia era parte integrante del Sacro Romano Impero.
Nel 1155, sempre nei pressi della Chiusa di Ceraino, un manipolo armato di veronesi tenne un’ imboscata al corteo di Federico I, che stava ritornando in Germania dopo varie scorribande. Garzapano e un altro soldato, Isacco, in quel frangente suggerirono agli ufficiali imperiali un sentiero nascosto e riuscirono a prendere alle spalle gli assalitori.
Gli anti-imperiali, i cui nomi non sono passati alla storia, furono tutti uccisi o torturati a morte.
Gli concesse autonomia militare e amministrativa. Divenne così una sorta di prepotente feudatario, il quale minacciava e faceva pagare balzelli ai malcapitati commercianti che avevano l’ardire di passare nelle sue terre, diretti a Verona. Molto spesso questi mercanti non avevano denari a disposizione, così il signorotto si faceva pagare in natura (lana, cuoio, pancetta, vino etc).
Nel 1164 scoppiò violenta la rivolta anti-imperiale in tutto il nord Italia, capeggiata dalla Lega Lombarda. Numerosi furono i comuni ad essere assediati all’epoca. Milano, per esempio, rifiutò le direttive imperiali e la lotta infuriò su tutta la pianura lombarda, fino a che nel 1162 i milanesi non furono costretti ad arrendersi.
Subito dopo iniziò la sua distruzione e gli abitanti furono divisi. L’esercito del Barbarossa distrusse anche le mura di Brescia e Piacenza, che dovettero accettare i funzionari imperiali.
In tale modo i Veronesi, sulla destra dell’Adige, controllavano il percorso occidentale e i villaggi di Chiusa e Volargne. Sulla sinistra, si assicuravano il tratto orientale, chiudendo proprio intorno alla strettoia della Chiusa i due percorsi, che costituivano il tratto finale della via del Brennero.
Con l’accerchiamento del castello di Rivoli, s’impedì che le truppe imperiali si dirigessero verso Garda e il suo distretto.
Inoltre Rivoli non poteva più avere rifornimenti di cibo, armi e combattenti. Infine il castello si dovette arrendere nel marzo 1165, dopo un duro assedio invernale. Tutti gli imperiali del maniero furono giustiziati, ma il castellano fu risparmiato. Forse riuscì a farla franca con qualche astuzia o semplicemente perché era un nobile.
Nel 1177 era a Venezia con le autorità imperiali per giungere a una pacificazione tra loro e gli anti-imperiali.
Le sue tracce si persero nel 1178, data della sua probabile morte.
Le figure battagliere più note del periodo medievale sono.
Il cavaliere (ricordiamo che solo i figli dei nobili all’età di dieci anni erano inviati presso altre casate per apprendere l’uso delle armi e come prendersi cura dei palafreni. Inoltre il robusto cavallo da guerra e l’armatura necessaria costavano molto).
La fanteria la quale era reclutata ed addestrata in un’ampia varietà di modi nelle diverse regioni europee e nei vari periodi che assieme compongono il Medioevo (un arco di circa mille anni).
Era normale, nelle guerre che si protraevano a lungo, l’impiego di fanti mercenari (più verso il XIV secolo). Per lo più gli eserciti annoveravano rilevanti quote di picchieri, arcieri ed altri soldati appiedati, oltre ai genieri per la costruzione e la riparazione dei “machinamenta” e ai minatori che lavoravano nei plutei.
Negli assedi, che forse erano la fase più comune della guerra medievale, le unità di fanteria trovavano impiego come componenti delle guarnigioni o come arcieri, oltre ad altre posizioni. L’addestramento a cui era sottoposto un ragazzo che intraprendeva la carriera militare, sia per i cavalieri che per gli arcieri e i fanti, lo abituava a sopportare le durezze e le avversità della guerra.
Il guerriero doveva quindi accettare l’idea di morire, subire mutilazioni (soprattutto al viso e alle braccia) e uccidere. La violenza infatti faceva parte della sua vita. Le dispute tra vicini e il diritto erano spesso risolte con la spada.
Per quanto riguarda le guerre che si combattevano in epoca medievale, c’è da dire che quasi tutte avevano le medesime caratteristiche.
Si svolgevano soprattutto in primavera/estate, in quanto uomini e animali avevano bisogno di derrate alimentari reperibili solo in quel periodo dell’anno (una delle eccezioni è la rivolta ai danni del castello di Rivoli che iniziò nell’autunno 1164 e terminò nella primavera del 1165).
Inoltre si combatteva quasi sempre durante le ore di luce per due semplici motivi. Il primo era che in questo modo si distinguevano i nemici dagli amici. Il secondo riguardava la religione cristiana che insegnava che i peccati si commettevano soprattutto di notte.
Bestiame o villani da vendere, razzie di cibo immagazzinato per l’inverno, oggetti di valore (armi, arazzi, oggetti di rame) o la possibilità di ricavare riscatti (gli avversari nobili spesso venivano catturati e liberati solo dopo il pagamento di un sostanzioso riscatto).
Gli uomini spesso erano impiccati senza misericordia, se non uccisi a fil di spada, le donne giovani violentate dagli armigeri e poi schiavizzate con i loro bambini.
La guerra appariva quindi una sorta di grande razzia, alla quale partecipavano sia nobili cavalieri sia semplici armigeri (arcieri e fanti).
Il problema principale, quando si assediava un castello, consisteva nel superamento delle mura, spesse e alte. L’esercito erigeva postazioni intorno al fortilizio e occupava i villaggi vicini per evitare la fuga dei soldati avversari.
a) il trabucco, grande catapulta che funzionava con un braccio resistenza (la parte che terminava con la cima dell’albero) e uno potenza (l’estremità più robusta e pesante che si trovava a poca distanza dal perno). Un braccio, terminante in una frombola, veniva spinto verso il basso e caricato di macigni.
Al rilascio il proiettile compiva una traiettoria ad arco idonea a distruggere le cime delle torri, portando scompiglio nello schieramento delle difese.
Spesso il materiale era incendiato con oli, oppure venivano lanciate le teste degli avversari per far scoppiare epidemie all’interno delle mura.
b) il mangano: agiva grazie a corde attorcigliate su una ruota dentata che accumulava tensione.
Una volta rilasciata, le corde ruotavano, andando a colpire un braccio che cozzava a sua volta contro una sbarra frenante.
I proiettili così venivano catapultati in avanti compiendo una traiettoria piatta, idonea a distruggere le mura.
c) il Pluteo o topolino: carro con tetto spiovente dotato di ruote che poteva portare una decina di minatori nei pressi delle mura per scalzarle o creare una galleria con una sorta di ariete a punta azionato dall’interno del topolino.
Il carro era protetto dalle frecce nemiche e dall’olio bollente mediante l’utilizzo di pelli d’animali o panni che lo ricoprivano.
d) L’ariete da sfondamento: grosso palo con estremità di ferro che veniva fatto sbattere contro la porta o muro creando una breccia. e) Le torri da assedio e scale per superare le mura.
Spesso la visione di un esercito ben disciplinato, (dapprima i nemici avrebbero intravisto le punte ferrate delle lance e le aste di frassino comparire all’orizzonte, poi il luccichio degli elmi, scudi e toraci corazzati e la mole del trabucco trascinato dagli uomini e animali), induceva gli avversari meno organizzati alla fuga.
Approfondimento a cura di Giovanna Barbieri
Giovanna Barbieri: nasce a Verona nel 1974 e risiede ad Arbizzano di Valpolicella. Nel 2001 consegue la laurea in Scienze Politiche, indirizzo economico-internazionale. Dal 2002 lavora come contabile e impiegata amministrativa. Appassionata di Medioevo, alto e basso, ha scritto un romanzo ambientato nella sua valle “La stratega, anno domini 1164”, colpita da un fatto storico non molto noto, ovvero l’assedio di Rivoli del 1165 a opera della Marca Veronese.
Gestisce il blog “Il Mondo di Giovanna”
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