Radicato nella terra, ma con i rami rivolti vero il cielo, l’albero è l’immagine dell’essenza dei due mondi che concilia l’alto con il basso.
In molte culture antiche non solo l’albero veniva venerato, ma era anche l’asse del mondo attorno al quale era gerarchicamente disposto l’universo.
Per esempio l’albero della nascita del mondo Yggdrasil, appartenente alla mitologia nordica.
Oppure il sacro albero di Ceiba o di Yaxchè dei Maya dello Yucatan che cresce al centro mondo e produce con i suoi frutti gli strati cielo, mentre in ciascuna delle quattro regioni del mondo un albero policromo funge da pietra angolare del firmamento.
Nel buddismo l’albero della Bodhi, sotto il quale Gautama Buddha ebbe l’illuminazione, è il simbolo del “grande risveglio”.
Nell’ Egitto antico si adorava il sicomoro, da cui la dea Hathor traeva il nutrimento da offrire al “ba”.
Il dio sumero della vegetazione Dumuzi era venerato come l’albero della vita.
Nell’antica Cina erano venerati il pesco e il gelso, mentre per i druidi celtici era sacra la quercia.
Nell’iconografia cristiana l’albero è il simbolo della vita voluta da Dio.
Lo svolgimento del suo ciclo annuale allude al ciclo di vita, morte e resurrezione, mentre l’albero improduttivo o inaridito indica il peccatore. Assai diffuse nell’Occidente cristiano le leggende di alberi o rami inariditi che iniziarono a inverdirsi come segno della grazia divina.
La “croce ad albero” , sculture medioevali dalla quale si snodano veri e propri rami, è in rapporto con il simbolismo della Resurrezione legato alle stagioni. L’albero in inverno perde le foglie e si riposa prima di ricominciare a germogliare.
Secondo una leggenda ebraica Abramo, dovunque andasse, piantava degli alberi che però non attecchivano bene, solo quello piantato nella terra di Canaan salì rapidamente verso l’alto.
Tramite questi alberi Abramo poteva sapere se qualcuno credeva in Dio oppure se era un idolatra, perché mentre l’albero stendeva i rami sul fedele che era nel giusto, nel caso dell’idolatra invece si ritraeva e rizzando in alto i rami negava l’ombra ristoratrice.
Nel testo protocristiano Physiologus si narra dell’albero indiano “peridexion, i cui frutti sono mangiati dai colombi, mentre il serpente non vi si può avvicinare.
Si tratta di un richiamo al “vero albero della vita” di cui i fedeli vivono con i frutti che produce, mentre il diavolo non vi si può accostare.
Nel bestiario medievale troviamo quest’albero con il nome di perindens, esso protegge dal drago i colombi che vivono nella sua ombra, il frutto celeste dell’albero è la saggezza dello Spirito Santo ricevuto dai fedeli con i sacramenti.
Nella tradizione religiosa islamica vi un albero cosmico sulle cui foglie sono elencati i nomi di tutti gli uomini.
L’angelo della morte Israfil raccoglie quelle foglie che per volontà di Allah cadono e chiama coloro che sulla terra sono destinati a morire.