TOMBE
Sicuramente un monumento unico nel suo genere, di importanza primaria per la conoscenza delle usanze funerarie dell’epoca.
Gli scavi iniziati a Luxor nel 1996, dalla Missione archeologica italiana, sono diretti da Francesco Tiradritti.
L’attento restauro ha riportato alla luce la storia della tomba, la sua vastità e magnificenza.
Ora è diventata uno dei più grandi monumenti funerari d’Egitto.
“Ci vorranno sicuramente ancora vent’anni di lavoro” ha spiegato Tiradritti nel decimo anniversario degli scavi, illustrando un ricco reportage e spiegando le difficoltà incontrate durante i lavori ma anche gli strabilianti ritrovamenti.
“Harwa fece scavare il proprio sepolcro nella piana dell’Assassif, sulla riva Ovest di Luxor – ha raccontato Tiradritti – davanti al tempio della regina Hatshepsut.
Con i suoi 4.500 metri quadrati di estensione è una delle più grandi tombe private dell’Egitto antico, dove i quattro livelli sotterranei raggiungono la profondità di ben 25 metri.
A partire dalla fine del Nuovo Regno, nell’XI secolo a.C., gli egizi avevano cominciato a seppellire i propri morti in gallerie scavate nella roccia prive di decorazione.
Dopo quasi trecento anni, Harwa riprende l’interrotta tradizione della tomba monumentale, realizzandone una che supera in estensione tutte quelle che i sovrani delle epoche precedenti si erano fatti scavare nella vicina Valle dei Re.
Oggi la tomba si trova al centro di una vasta necropoli.
Harwa non la portò a termine, però il suo successore, Akhimenru, ampliò la parte settentrionale del corridoio che circonda tutto il primo livello sotterraneo per ricavarne il sepolcro. Fu poi trasformata, in epoca tolemaica in un santuario.
Un ingresso porticato, un vestibolo, un cortile, due sale ipostile, il santuario di Osiride, un corridoio che porta alla tomba di Padineith, una serie di sale e ben 14 pozzi funerari.Sono i nove ambienti che compongono la tomba, ognuno dei quali segna il passaggio di Harwa dalla vita alla rinascita, passando nel tempo, attraverso la morte.
Tutto secondo un preciso progetto.
“Per la prima volta nella storia egizia – continua Tiradritti – le decorazioni narrano il cammino dell’uomo dalla vita alla morte e dalla morte alla vita eterna.
Il culmine è toccato dal rilievo che rappresenta, attraverso un’allegoria, la morte. Harwa, ritratto come un vecchio dal ventre prominente, il seno cadente e il doppio mento, è condotto nell’Oltretomba dal dio Anubi.
La mano della divinità stringe con fermezza quella dell’uomo, che invece tiene le dita ben distese, quasi cercasse di sfuggire e divincolarsi da quell’ ineluttabile presa.
Il destino eterno di Harwa si compie con il raggiungimento del dio Osiride, re dei Morti, la cui immagine è scolpita in altorilievo sulla parete di fondo del santuario, che chiude la successione degli ambienti del primo livello sotterraneo.
La figura di Osiride è caratterizzata da un’illusione ottica, il trompe-l’oeil.
L’immagine del dio, di dimensioni ridotte, è visibile sin dall’ingresso al primo livello sotterraneo della tomba, da dove appare più distante di quanto sia in realtà, quasi a voler posticipare l’incontro con Osiride e il doloroso momento della morte.
Il materiale fotografico è tratto dal sito La Tomba di Harwa
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